domenica 14 dicembre 2008

Scende la valanga!

800px-Avalanche_on_Everest

Valanga sull'Everest (foto Ilan Adler, fonte Wikimedia Commons, licenzata Copyleft dall'autore)

Teoria:

"Se ti prende una valanga, sci a valle e via!"
E' praticamente impossibile sfuggire in velocità ad una valanga, anche essendo ottimi sciatori. E' molto meglio fuggire lateralmente alla direzione della valanga, oppure meglio ancora riuscire a togliersi gli sci e cercare di rimanere a galla nella valanga movendosi con ampi movimenti. Prima di essere investiti e di essere trascinati con velocità elevata, è utile cercare di aggrapparsi a qualcosa pure di riuscire a fermarsi o almeno, di far passare un po' della neve della valanga sotto di noi.

(fonte: scuola di scialpinismo Righini - CAI Milano)

Pratica:

"[...] Se ho provato a scappare, per esempio. Certo, appena ho visto il distacco, che pure all’inizio sembrava cosa da poco, ho cominciato a risalire il versante opposto con tutta la lena possibile. Ma è questione di secondi, non è che di strada se ne può fare tanta. Magari in fase di discesa ci si può mettere a uovo e tentare una libera alla Hermann Mayer, ma in salita, con le pelli ai piedi, il raggio d’azione è veramente risibile.

Se ho provato a nuotare, come suggeriscono di fare. No, non ci ho provato. O meglio, non sono neanche riuscito a pensare di ipotizzare di tentare di provarci. L’onda d’urto che precede la massa valanghiva non ha nulla a che vedere con il vento, neanche con la Bora a centodieci che pure ho provato a Trieste, anni fa, e che mi faceva barcollare, è vero, ma non mi sollevava mica da terra! Dopo lo schiaffo dello spostamento d’aria, con relativo atterraggio scomposto, è difficile fare qualunque cosa. E poi la valanga, la mia valanga almeno (di altre non ho esperienza), non ha niente a che vedere con l’acqua.
E’ come trovarsi all’interno di una gigantesca betoniera: lo stile libero riesce malissimo. La massa ti avvolge, ti impasta, ti disarticola. Già mantenere una congruenza morfologica è un’impresa impossibile, coordinare dei movimenti è pura teoria. Forse varrebbe la pena togliersi gli sci e rannicchiarsi per cercare di salvare gli arti, ma non è detto che così non si finisca più sotto. Comunque, pensare di riuscire a dominare in qualche modo la situazione è per lo meno illusorio.
[...]"

Ma tutto il resto del testo è molo bello, emozionante e avvincente. Leggetelo, è QUI, su "Nazione Indiana", a firma Roberto Cotti, il travolto, e Guido Fossati, uno dei soccorritori.

E' bella e ben scritta anche la parte emozionale, del durante e del dopo, compreso il nuovo modo di pensare alla montagna e a chi rimane in attesa di una telefonata. Che può essere tragica o liberatoria. Un bel dilemma, per chi ama andare per monti ma ama anche chi resta a casa a preocuparsi.

3 commenti:

  1. Francesca,
    qui mi prendi per la "gola". Quel giorno era in Valgrisange, anche se grazie a Dio non stavo salendo al rif. Bezzi. Sono salito al Arp Vielle con mia figlia ed io il giorno il Ruitor con mio cognato. Tra l'altro consoco bene quelli della SEM. Cosa ti devo dire capita ma può capitare in qualsiasi momento della vita. Un minuto prima... un minuto dopo.....in montagna... al mare... in città. A me fortunamente in montagna non è capitato, è successo in canoa in un torrente in Friuli (l'Arzino) circa 20 anni fa. Ricordo tutto un torrente stretto, largo non più di 2 metri, dentro un budello di roccia. Io davanti che a un certo punto mi trovo un tronco di traverso, cerco di buttare la canoa sopra il tronco ma non ci riesco. Rimango incastrato con la canoa, in parte sopra, la coda sotto acqua ed io in bilico in mezzo. Urlo ai miei compagni che c'è un tronco di traverso, di stare attenti che mi lascierò andare sperando di non trovare altri "inghppi" oltre. Poi la forza dell'acqua mi spinge via, mi strappa dal pozzetto. Esco e penso solo qui è "andata", vengo sbattuto per un centinaio di metri e poi .... fortunatamente dopo una curva, una piccola ansa, l'acqua si ferma... mi aggrappo alla roccia.. arrivano poi i compagni.. Mi recuperano la canoa, mi rimettono un po' in sesto... Non so quanto sia durata ma è vero non pensi nulla della tua vita, non c'è il tempo, tanto se andava male ne avrei avuto sino all'infinito. Ho cercato di stare calmo, è andata bene. Sono poi tornato in canoa sui torrenti per parecchi anni ancora e spero che Roberto torni in montagna è il primo antidoto a riprendere con la vita.
    Scusami per storia di vita vissuta.... Ciao
    Guido

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  2. Guido, quante volte nella vita si sfiora la catastrofe e non succede per un pelo! A volte nemmeno ci si rende conto. Se penso quante volte mi si sono drizzati i capelli in testa con tutti i chilometri che ho fatto su e giu per la valsugana e per il veneto, estate e inverno! Un sacco di volte va di culo, puo' capitare quella che va storta, molto spesso per una scemenza. E per monti puo' bastare una scemenza molto piccola.

    A proposito di acqua, mio zio, finito nel fiume Noce per rincorrere un cappello senza saper nuotare e salvato dall'annegamento l'ultimo secondo disponibile, mi raccontava che, superato il panico, quando ormai era piu' di la' che di qua, e' sopravvenuto un meraviglioso senso di pace e di benessere, sentiva musica, violini, quelle che la sua cultura cattolica gli ha fatto interpretare come voci degli angeli. Ne' prima ne' dopo il tempo per vedere la vita scorrergli davanti o per fare ragionamenti. Insomma, diceva, morire annegati e' bello.

    Ovviamente gli e' andata in tutt'altra maniera.

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  3. Mi fa piacere che questo testo vi abbia raggiunti. Inquietante anche il racconto di Guido sul torrente.

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